Non è un segreto che il settore della stampa 3D abbia dovuto affrontare alcune critiche piccate negli ultimi anni, legate in particolare alla violazione del copyright e ai problemi di inquinamento. Rispetto a questo secondo punto la manifattura additiva è stata annunciata, assieme a prototipazione e scansione 3D, come opzione potenzialmente più ecologica rispetto ai metodi di produzione convenzionali, ma quanto è accurata questa definizione? Come sempre in questi casi vi sono una serie di fattori che giocano in favore e contro la tesi. Con questo articolo abbiamo provato a fornire qualche dato per una valutazione sull’effettiva sostenibilità di questa tecnologia.
Cosa dicono le ricerche
I ricercatori prevedono che la tecnologia di produzione additiva (AM), o stampa 3D, crescerà in termini di utilizzo del 28,5% nei prossimi cinque anni, poiché sempre più produttori adotteranno i sistemi AM nelle loro operazioni di produzione. Già molto apprezzata come tecnologia verde rispetto ai tradizionali processi di produzione di massa, AM sta ulteriormente consolidando la sua posizione di processo di produzione ecologico grazie alla riduzione degli sprechi, all’accorciamento delle catene di approvvigionamento e alla gestione semplificata dell’inventario rispetto ai metodi tradizionali. E la sostenibilità è solo uno dei tanti motivi per cui i produttori stanno adottando la tecnologia di stampa 3D.
Pro per il 3D come tecnologia ecologica
La principale ragione per cui la stampa 3D viene comunemente ritenuta una tecnologia di produzione più ecologica rispetto a quelle che l’hanno preceduta è l’utilizzo della materia prima. Il fatto stesso che si definisca manifattura additiva definisce quale sia la modalità di funzionamento che ognuna delle macchine, seppur molto diverse tra loro, utilizza: l’addizione di materiale. Strato su strato i polimeri vengono depositati e raffreddati fino al raggiungimento della forma prestabilita. Questo vuol dire che per la realizzazione del prodotto viene usata solo la quantità necessaria di polimeri o di filamento. Ci sono però anche altri fattori fondamentali che concorrono alla fama green di questa tecnologia.
Filiera più corta
Uno dei principali fattori in favore dell’eco-sostenibilità della stampa 3D è l’essere una delle tecnologie che consentono la filiera produttiva più corta. Pensiamo ad esempio alla prototipazione tradizionale: i prodotti devono spesso passare attraverso fasi diverse fino al completamento, con una serie di intermediari che accompagnano la realizzazione dell’oggetto finale (fornitori, produttori…). Ciò significa che spesso ci sono un certo numero di persone coinvolte nel portare un prodotto dall’idea iniziale al consumatore finale. Con la produzione additiva si viene a creare una linea diretta tra un designer e utente finale. Ciò consente di risparmiare tempo e denaro perché ogni anello della catena di approvvigionamento fa salire i costi. La possibilità di ottenere un oggetto finito senza passaggi intermedi giustifica la scelta di quelle aziende che finora hanno deciso di investire in un macchinario professionale. I costi non sono irrisori ma, in virtù di quanto detto, verranno velocemente ammortizzati nel tempo.
Limitare l’inventario
Si apprezza della produzione additiva la capacità di produrre su richiesta. Se un prodotto deve essere riordinato, è teoricamente possibile farlo stampando rapidamente nuovi stock. Non c’è bisogno di inventario perché ogni parte può essere realizzata secondo necessità e non ci sono più sprechi perché ogni prototipo viene stampato una sola volta. Questa è una delle caratteristiche chiave di questa tecnologia: mantenere il costo pro capite per la stampa di un oggetto sempre uguale, per una o mille unità non c’è differenza. Nella produzione tradizionale, invece, il risparmio avviene con l’aumentare delle unità da produrre. Ragion per cui la stampa 3D è al momento la tecnologia più conveniente per la stampa di prototipi e piccole medie tirature. Lo stesso mercato si sta adeguando sempre di più a queste funzioni in cui la produzione additiva eccelle. Un esempio è la diffusione capillare di service di stampa su tutto il territorio nazionale, tra i migliori quelli che affiancano il cliente anche nella fase di prototipazione 3D, ovvero la realizzazione del progetto digitale da mandare in stampa.
Alcuni dubbi sulla sostenibilità del 3D
In questa fase di forte espansione dell’utilizzo della produzione additiva cominciano ad emergere alcune perplessità rispetto all’effettiva sostenibilità dello strumento. Innanzitutto alcuni report mostrano come la stampa 3D abbia (sempre considerando le differenze tra le prestazioni dei vari macchinari) una produzione di co2 per grammo superiore a tecnologie presenti da più tempo sul mercato. Alcuni materiali che possono essere utilizzati, ad esempio i polimeri metallici o le resine a base di petrolio, hanno un alto impatto sull’ambiente. E infine si è discusso ancora troppo poco di un sistema di smaltimento davvero efficiente sia dei materiali non più utilizzabili, sia degli oggetti già stampanti ma non utilizzabili (i prototipi non riusciti, ad esempio). Tutta una serie di questioni che hanno buone possibilità di risolversi nel tempo, se affrontate ora e con interventi mirati.